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L’alternativa allo stato: il confederalismo democratico

Accademia della Modernità Democratica

Stiamo attraversando una fase storica di enormi cambiamenti geopolitici, di genocidi, di crisi ecologiche, sociali ed economiche. È una fase di crisi della Modernità capitalista. Quella che definiamo la terza guerra mondiale è ormai una realtà con cui le persone si confrontano ogni giorno. Le potenze imperialiste hanno la necessità di approfondire ed estendere il proprio dominio in tutto il mondo. Per questo devono far penetrare le loro forme di comando sulla cooperazione sociale, l’industrialismo, il capitalismo e lo stato-nazione, in tutti gli ambiti sociali che in qualche forma hanno resistito fino ad ora a questo sviluppo. Si tratta di un attacco alla società in tutto il mondo: ai suoi legami, al suo ambiente, alla sua psicologia, alle sue forme di cooperazione, alle condizioni stesse della sua riproduzione. Come si resiste a tutto ciò? Come se ne esce? Qui il tema dell’organizzazione diventa ineludibile.

Non intendiamo l’organizzazione di una singola lotta o di un gruppo di militanti, piuttosto si tratta di affrontare il problema dell’organizzazione della società stessa in contrapposizione alla modernità capitalista. La società si organizza da sempre con un continuo processo creativo, tessendo legami formali e informali, attraverso la cooperazione, lo scambio di informazioni e prodotti della propria attività. Proprio queste capacità sono al centro dell’attacco capitalistico. Per contro, il sistema del Confederalismo democratico vuole invece difenderle e rinvigorirle. Non si tratta di una struttura o di un meccanismo rigidi ai quali la società debba conformarsi, nemmeno dell’invenzione di qualche intellettuale o filosofo. Quando parliamo di Confederalismo democratico diamo forma e nome a un principio che anima il concreto processo storico di organizzazione della società.

Dopo il suo arresto nel 1999, Abdullah Öcalan revisiona e critica il paradigma teorico che aveva fondato la lotta del PKK per la libertà del popolo curdo: lo stato-nazione non è strumento di liberazione, ma riproduce il dominio e i problemi sociali. Propone quindi l’idea del Confederalismo democratico, ovvero un sistema sociale fondato sulla democrazia radicale, l’ecologia e la liberazione delle donne. Nella visione di Öcalan, non si tratta di un modello politico pensato per il solo Kurdistan; se i popoli, le componenti sociali, i gruppi religiosi, culturali e linguistici del Medio Oriente vorranno, potrà essere stabilito un sistema di Confederalismo Democratico in tutta l’area. Ampliando lo sguardo, è possibile immaginarne l’applicazione a livello globale, anche in Europa e in tutti gli altri continenti. Infatti, si tratta di un’alternativa allo stato-nazione e in generale al sistema di potere degli stati fondata sull’organizzazione e la difesa dei popoli e della società tutta.

Tuttavia, è necessario approfondire l’origine, i fondamenti e la concezione di questa proposta. Infatti, in molti anni di attività, tra discussioni, formazioni e seminari, ci siamo resi conto che tra attivisti, militanti, e in generale le forze democratiche europee, domina un approccio piuttosto superficiale, si potrebbe dire tecnico, all’argomento. In questa fase di confusione, di mancanza di grandi narrazioni storiche alternative a quella capitalista, si cerca nello strumento organizzativo la soluzione a problemi ben più profondi che sono legati alla mentalità, alla visione del mondo e alla teoria politica. Pensando di risolvere i problemi esclusivamente tramite uno strumento tecnico si finisce per alimentare la burocratizzazione dei processi politici e sociali e riprodurre il sistema dello stato, che lungi da essere solo appannaggio delle caste del potere borghese, vive e si riproduce nella mentalità di tutti noi. Militanti rivoluzionari compresi. Per non cadere in questa trappola abbiamo deciso di strutturare questo articolo a partire dal contesto storico e dalle evoluzioni concrete del movimento curdo per la libertà che hanno portato Öcalan a proporre una nuova visione del mondo e della lotta politica. Parlare di Confederalismo democratico significa innanzitutto comprendere la filosofia e lo spirito che lo animano, perché non si tratta solo di un modello organizzativo ma di un sistema sociale e una mentalità alternativi allo stato. Muovendo da queste considerazioni sarà quindi possibile comprendere la profondità e il valore rivoluzionari che concetti di fatto piuttosto comuni esprimono quando sono impiegati per realizzare l’alternativa alla Modernità Capitalista.

Imparare dalla sconfitta

Per comprendere il Confederalismo democratico oltre al suo aspetto organizzativo è utile ripercorrere alcuni cruciali passaggi storici e politici che ne hanno permesso la maturazione, in particolare la rinuncia allo stato e il cambiamento di paradigma, che per il PKK hanno rappresentato una nuova nascita. Durante la detenzione sull’isola-carcere di Imrali, Öcalan inizia un’elaborazione intellettuale durante la quale produce tredici libri, che trovano il loro compimento nei cinque volumi del Manifesto della Civiltà Democratica. Il crollo del socialismo reale ha imposto un’analisi critica di quell’esperienza e del marxismo-leninismo per comprenderne le ragioni del fallimento. Era diventato necessario valutare anche l’esito delle lotte di liberazione nazionale che avevano ispirato il PKK, tra le altre Palestina, Algeria e Vietnam. Cosa aveva portato i movimenti socialisti e di liberazione nazionale ad essere integrati nel sistema?

Öcalan individua come elementi critici l’aspirazione alla conquista del potere e una insufficiente critica dello stato e della violenza. Questo processo di critica e autocritica non è l’esito di un’elaborazione individuale e isolata, piuttosto è stato il frutto di grandi percorsi di lotta e riflessione collettivi: la resistenza dei militanti del PKK nelle prigioni, la pratica e l’elaborazione teorica della guerriglia sulle montagne, la lotta e il crescente protagonismo delle donne nel movimento. Lo sforzo collettivo è ripartito dall’enorme domanda su come la società umana abbia perso la libertà, ovvero come sia stata colonizzata dalla civiltà dello stato e di classe. Sebbene il problema delle donne e della famiglia facesse già parte della riflessione di Öcalan, sarà nel 1996, nel corso di un’intervista condotta dal militante della sinistra turca Mahir Sayın, che emerge il concetto «uccidere l’uomo dominante». Öcalan sostiene l’idea che combattere il patriarcato sia una condizione necessaria del socialismo, che lo stato sia la forma più organizzata del dominio patriarcale e che le donne siano state storicamente la prima nazione e classe sociale colonizzata. È infatti con l’emersione del patriarcato che emerge la civiltà dello stato, delle classi e del potere.

Per immaginare un nuovo percorso di liberazione a partire dalle sconfitte e dai limiti del passato, Öcalan si impegna nel proporre una nuova teoria rivoluzionaria e una nuova visione del mondo che superino l’eredità egemonica eurocentrica. Cambiare strumenti di analisi permette di rileggere la storia della civiltà, scrivere la storia dei senza storia, facendo emergere processi e lotte invisibilizzate. In questo modo è possibile vedere che nel corso della storia è sempre esistita un’alternativa allo stato e all’accumulazione di capitale e potere. Lo sviluppo storico dell’umanità è caratterizzato dalla dialettica tra due modi diversi di intendere e organizzare la cooperazione sociale, tra democrazia e stato, libertà e dominio.

Copertina del primo numero di Teiko

Foto DAANES - ANF, RAQQA 13 Dicembre 2023

La civiltà dello stato

Öcalan riscontra uno dei principali limiti delle scienze sociali nella mancanza di un’adeguata definizione di cosa sia lo stato: è un sistema sociale, ma è anche una mentalità e una civiltà intera, finalizzata all’appropriazione, a favore di una élite, delle eccedenze prodotte dalla cooperazione sociale. La storia dello stato è una storia di colonizzazione degli ambiti sociali e di espropriazione di un ampio insieme di capacità sociali progressivamente incorporate nei processi regolativi, organizzativi e amministrativi statuali. L’estensione della burocrazia e dell’organizzazione statale è quindi avvenuta a scapito delle funzioni e delle capacità della società, per la quale è diventato una gabbia. Lo stato non ha nulla a che vedere con gli interessi della società, anzi ne è la negazione, ne è l’addomesticamento a favore dell’accumulazione di capitale e potere, serve per creare le condizioni più favorevoli alla produzione di merci e garantire profitti ai monopoli che si incistano al di sopra della sfera economica del vivere sociale.

Negli ultimi quattrocento anni il sistema di civiltà dello stato ha sviluppato lo stato-nazione in un progetto di modernità che a questo intreccia capitalismo e industrialismo. Lo stato-nazione si fonda sull’integrazione del monopolio militare, politico, economico e ideologico, in un processo di assimilazione e omogeneizzazione di ogni forma di diversità e pluralità, arrivando anche a compiere genocidi, nell’illusione di poter realizzare un concetto astratto di cittadinanza individuale. Quest’ultima è un’idea artificiale che non riesce a cogliere l’effettiva ricchezza della società, che, invece, è frutto di un’accumulazione di esperienza sociale sotto forma di etica, cultura e legami tramandati di generazione in generazione.

Gli sviluppi della terza guerra mondiale, ovvero una guerra di redistribuzione del potere e delle risorse all’interno del sistema della modernità capitalista iniziata con la caduta del socialismo reale, stanno rendendo evidente che gli stati-nazione siano di fatto strutture locali rappresentanti di un unico sistema che chiamiamo di modernità capitalista. Nonostante la propaganda nazionalista che viene utilizzata in tutto il mondo, è possibile vedere come gli stati siano interconnessi in una rete che organizza e alimenta i processi capitalistici di sfruttamento su scala globale. Gli scontri tra stati avvengono sulla distribuzione della proporzione di ricchezza rapinata alla cooperazione sociale e alla natura. Tuttavia, gli stati vivono del loro riconoscimento reciproco in una complessa rete di scambi, relazioni (diplomatiche, militari, politiche, economiche) e interessi condivisi.

Questo sistema ha un proprio progetto di assoggettamento della società, le continue guerre, crisi e contraddizioni sono parte del percorso dal quale emergerà l’effettiva forma concreta che il progetto assumerà per uscire dalla crisi della Modernità capitalista. Quando parliamo di una contrapposizione a questo progetto e di una lotta per una vita libera, non possiamo limitarci a idee vaghe o totalmente astratte. La possibilità di resistenza e di liberazione esistono nella misura in cui la società è in grado di organizzarsi in modo da ridurre gli spazi di azione alla Modernità capitalista e di realizzare un’alternativa alle strutture e alle modalità con cui il sistema capitalistico organizza e comanda la cooperazione sociale, tanto nella dimensione produttiva quanto in quella riproduttiva. Tuttavia, lo stato ha saputo istituire un monopolio ideologico molto forte, tale da rendere quasi impossibile per le persone pensare che possa esistere un’organizzazione sociale al di fuori di quella statale. Per questa ragione è necessario liberarsi dai paradigmi delle classi dominanti e individuare gli strumenti che meglio possono servire a un percorso di liberazione.

Organizzare l’alternativa: il confederalismo democratico

A partire dal suo lavoro intellettuale e dall’esperienza organizzativa e politica della lotta, Öcalan propone un progetto di Modernità democratica che si fonda su di un’organizzazione sociale alternativa a quella dello stato-nazione; questa è ciò che chiamiamo Confederalismo democratico, ovvero una democrazia senza stato. Mentre lo stato è fondato sul potere, il Confederalismo democratico è fondato sul consenso collettivo e sulla partecipazione volontaria. Il Confederalismo democratico è flessibile e aperto alla pluralità politica, di genere, religiosa e culturale, ovvero le caratteristiche fondanti un’idea di Nazione democratica. Si fonda su una visione ecologica e sulla liberazione delle donne. Promuove lo sviluppo di un’economia sociale il cui fine deve essere la soddisfazione delle necessità della società, non lo sfruttamento e l’accumulazione di profitto.

L’idea del Confederalismo democratico non è la proposta di un sistema scelto arbitrariamente. Piuttosto è un’ipotesi di lavoro che si pone l’orizzonte di organizzare e rafforzare le capacità cooperative, politiche e morali della società nel rispetto della sua ricchezza. La natura eterogenea della società si esprime soprattutto in forme decentralizzate ed è in contraddizione con le forme di centralismo, infatti quest’ultimo è soprattutto funzionale ai monopoli di potere e, per questa ragione, sono quelle a cui tende lo stato. Il Confederalismo democratico invece si ispira all’eredità collettiva proveniente dall’esperienza sociale storica, e non solo sulle esperienze politiche moderne. Se è possibile riscoprire la memoria di popoli che fino a un passato recente hanno vissuto in forme sociali aperte e confederali, si può più direttamente notare quanto ancora oggi i movimenti sociali si organizzino principalmente su base locale e di prossimità. Per questa ragione una struttura decisionale decentrata legata ai contesti locali è quella con cui la società si rende più apertamente protagonista della politica.

La concreta struttura organizzativa, che chiamiamo Autonomia democratica, può essere costituita da un sistema di riunioni locali, consigli e convegni coordinati in varie modalità che realizzano l’autogoverno in tutti i campi rilevanti come l’educazione, l’autodifesa, l’economia, la giustizia e così via. Ma il grande obiettivo storico, quello che è il vero cuore rivoluzionario di questa visione, è alimentare un processo di politicizzazione della società, che si fonda sul rafforzamento dell’autonomia di tutti gli attori sociali in modo che siano messi nelle condizioni di organizzarsi per fare fronte ai propri bisogni.

Immaginare la rivoluzione vuol dire anche immaginare la transizione dall’egemonia della Modernità capitalista ad altre forme di modernità. Una società organizzata democraticamente può dialogare con lo stato per stabilire un riconoscimento reciproco delle sfere sociali d’influenza e lavorare, allo stesso tempo, affinché lo sviluppo delle sue capacità autonome sottraggano sempre più spazio d’influenza alle istituzioni e alle modalità proprie dello stato.

Sebbene il fallimento storico delle opzioni rivoluzionarie elaborate in occidente abbia come conseguenza a lungo termine di riuscire a pensare l’alternativa e la rivoluzione esclusivamente in maniera astratta, bisogna tenere presente che i concetti qua riportati sono espressione di un processo politico e organizzativo estremamente concreto nel quale c’è continuo confronto tra teoria e pratica. Un costante processo di tentativi, valutazione, critica e nuovi tentativi. In Turchia, in Iraq, in Iran, soprattutto nelle aree a maggioranza curda, milioni di persone mettono in pratica queste idee in processi di organizzazione e lotta concreti, talvolta alla luce del sole, molto spesso in clandestinità. Anche in Europa e negli altri continenti esistono persone che concretamente realizzano e mettono a verifica queste idee. L’esempio più noto è, tuttavia, quello della Siria, dove dal 2012 è in corso una sperimentazione concreta di Confederalismo democratico che vede coinvolte circa cinque milioni di persone di cultura, religione e lingue diverse. In questo caso esiste un documento, il Contratto Sociale dall’Amministrazione Democratica Autonoma della Siria del Nord e dell’Est (DAANES), che formalizza il funzionamento del sistema di comuni, consigli e assemblee. È importante notare che si tratta della terza versione, e che l’entità che ne emerge ha cambiato forma diverse volte, perché viene costantemente ridiscussa in una dimensione processuale per rispecchiare i cambiamenti della realtà sociale che vi aderisce: la prima uscì nel 2015, con discussioni cominciate nel 2013 tra cinquanta organizzazioni e partiti; venne aggiornata con nuove discussioni nel 2016. Dal 2018 è cominciato un percorso, che ha coinvolto le comuni e diversi comitati, che ha portato nel 2023 a questa nuova versione.

Contrapporsi a millenni di patriarcato e civiltà dello stato è un percorso pieno di contraddizioni, proprio perché deve essere profondamente democratico e legato al protagonismo della società. La sfida più grande è quella di non riprodurre uno stato, ovvero esercitare potere sulla società per fare degli interessi individuali o di piccoli gruppi, o, in buona fede, cadere nella scorciatoia di imporre un proprio progetto politico astratto a scapito delle forme di espressione ed autorganizzazione della società. Per questa ragione è importante che esista una formazione al dialogo e all’autocritica continua.

Il Confederalismo democratico mondiale per il progetto di una Modernità democratica

Negli ultimi anni in sempre più contesti di lotta a livello globale, la necessità di parlare di organizzazione emerge insieme a quella di immaginare l’alternativa possibile. Tuttavia non è possibile immaginarla limitandosi a considerare dei contesti locali, che siano delle lotte in Europa, o il Kurdistan, la Palestina e la Siria. È invece necessario adottare una visione globale e sviluppare un nuovo internazionalismo, e ciò è possibile nella misura in cui si è in grado di immaginare e sviluppare un’organizzazione sociale a livello globale.

Le contorsioni della Modernità capitalista riguardano tutto il pianeta e il sistema degli stati ha costruito nel tempo le proprie forme di coordinamento globale; in contrapposizione, per sviluppare una Modernità democratica, Öcalan propone lo sviluppo di un sistema di Confederalismo democratico mondiale, che considera un compito politico fondamentale basato sulla creazione di processi decisionali democratici dal livello locale a quello globale in un percorso politico continuo e circolare.

Il sistema degli stati si sta dimostrando disfunzionale nel risolvere i problemi più urgenti per l’umanità e il pianeta, anzi sta accelerando le sue politiche genocide ed ecocide. Öcalan è convinto che una struttura confederata di gruppi sociali a livello mondiale sarebbe in grado di prendere decisioni migliori, orientate alla pace, all’ecologia e alla giustizia nel mondo. I grandi problemi comuni a tutte o ad alcuni gruppi sociali, dalla crisi ecologica alle guerre, potrebbero trovare delle soluzioni basate sulla partecipazione e il consenso qualora l’influenza dei monopoli economici e degli stati fosse marginalizzata.

In questo senso, l’autodifesa della società deve essere intesa, anche, come la capacità di prendere decisioni di natura politica, quindi il Confederalismo democratico può essere considerato anche un nuovo sistema di autodifesa della società. Solo realizzando reti globali confederate ci possono essere le condizioni per opporsi al dominio globale dei monopoli e al militarismo dello stato-nazione. Eppure, la dedizione a un tale progetto politico lascia aperta una domanda a proposito di quella che è forse la lotta più grande e profonda: siamo in grado di analizzare e affrontare gli aspetti che la civiltà dello stato da cinquemila anni, per riprodursi, inscrive in profondità nelle nostre soggettività individuali e collettive?

Copertina del primo numero di Teiko

kurdistan24